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Le megalopoli

Camminando per le strade di Tokyo possiamo comprendere il motivo per cui questa città è considerata a tutti gli effetti una Megalopoli: accoglie circa 10 milioni di persone e offre grandi opportunità di sviluppo ed innovazione scientifica, dinamismo economico e rappresenta un punto di riferimento culturale, letterario e artistico sia per l’oriente che per l’occidente. Questi agglomerati di città si sono formati gradualmente nel tempo partendo da città che si sono sviluppate sempre di più dai tempi del secondo conflitto mondiale, oggigiorno però il termine indica anche le grandi città che sono il risultato della conurbazione di più città vicine, caratterizzate da uno sviluppo abnorme e da una densità altissima di popolazione. Se da un lato le megalopoli rappresentano una grande possibilità di sviluppo, dall’altro lato comportano seri problemi come l’approvvggionamento e distribuzione dell'acqua e dell'energia, smaltimento dei rifiuti, trattamento delle acque di scarico, caos nei trasporti e inquinamento.

Giapponesi e le mascherine

Perché i giapponesi erano soliti indossare le mascherine ancor prima della pandemia di Covid-19?

L’abitudine di indossare una protezione per le vie respiratorie è iniziata in Giappone nei primi anni del XX secolo quando una massiccia pandemia influenzale (l’influenza spagnola) ha ucciso migliaia di persone facendo più morti della prima guerra mondiale. Il governo del Giappone avviò una vigorosa strategia di isolamento e distribuzione di mascherine per fermare l’epidemia. Una volta superata l’influenza spagnola, la popolazione si rese conto che quello strumento era davvero una precauzione imprescindibile per lo sviluppo della società e per scongiurare ulteriori epidemie.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il Professor George Sand che insegna Storia giapponese alla Georgetown University affermò che: “l’uso delle mascherine era una raccomandazione scientifica. I giapponesi la fecero propria come simbolo di adattamento del Paese al mondo moderno, come una parte necessaria del progresso tecnologico”.
Nel corso della storia sono emerse diverse ragioni per le quali il Giappone ha consolidato l’uso delle mascherine nella quotidianità dei propri cittadini tra cui la salvaguardia della salute.
 
È ben noto che città come Tokyo e Osaka siano enormi agglomerati urbani con una densità di popolazione di gran lunga superiore a qualsiasi città dell’emisfero occidentale, e quando il numero di abitanti rende costantemente congestionati gli spazi condivisi, il rischio di contagio e diffusione delle malattie sale vertiginosamente. Al fine di scongiurare il diffondersi incontrollato di eventuali epidemie, i giapponesi usano le mascherine ogni volta che stanno poco bene, così da evitare di trasmettere i propri germi a chi si trovi a condividere gli stessi spazi ma non solo, la mascherina è vista dai giapponesi anche come una buona soluzione per difendersi da polveri e pollini soprattutto nel periodo primaverile.
 
L’uso quotidiano permette di proteggere l’organismo filtrando buona parte dell’aria che viene inalata e bloccando le polveri all’esterno causate dal forte inquinamento atmosferico dovuto alla rapida industrializzazione del Giappone.
 
Negli ultimi anni le mascherine sono diventate un elemento fashion in tutta l’Asia orientale. Nell’ottobre del 2014 durante la China Fashion Week, lo stilista giapponese Yin Peng ha presentato la sua linea di vestiti che ha chiamato “smog couture” abbinata ad una serie di mascherine particolari. Da questa scelta si deduce che “essere alla moda” rappresenta un altro dei motivi che ha portato nella quotidianità l’uso delle mascherine che prima venivano considerate un accessorio imbarazzante, da indossare solo in circostanze obbligate, e di cui liberarsi quanto prima. Con gli anni c’è stata un’inversione di tendenza rispetto al pensiero che riguarda l’uso delle mascherine in pubblico tanto che ultimamente la tipica mascherina usa e getta di colore bianco è stata rimpiazzata da una vasta gamma di mascherine di materiale duraturo dai pattern e colori originali.

JR-Maglev

I treni del futuro: JR-Maglev

Il treno JR-Maglev è un treno a levitazione magnetica che il Giappone ha testato nella prefettura di Yamanash ed entrerà in funzione entro il 2027 nella tratta Tokyo-città di Nagoya. La levitazione magnetica è un fenomeno fisico che permette a un oggetto di rimanere sospeso nel vuoto senza bisogno di un supporto meccanico oltre ai campi magnetici; ciò è possibile grazie alla forza elettromagnetica che contrasta gli effetti della forza gravitazionale. Ovviamente per rimanere in equilibrio queste due forze devono avere uguale intensità ma verso opposto tra loro

 

 

 

 

 

Tra i treni a levitazione magnetica troviamo i modelli ad alta velocità e quelli a bassa velocità che utilizzano tipologie di movimento differenti.  I treni a bassa velocità utilizzano la sospensione elettromagnetica (EMS) ovvero sfruttano elettromagneti convenzionali montati a coppie; la parte  superiore avvolge i fianchi del treno mentre la parte inferiore si trova sulla guidovia. I magneti sorreggono il treno in quanto attirati verso i binari laminati in ferro. Questo sistema però è instabile, perché bisogna controllare costantemente la distanza tra il treno e il binario, che deve essere sempre di 1 cm. Il motore elettrico, definito lo statore, è disposto orizzontalmente lungo tutto il binario e il rotore che si trova a bordo del treno è al posto delle ruote. La corrente indotta dallo statore nel rotore genera sia l'effetto magnetico di sollevamento che tiene il treno a circa 10 cm dal binario sia la spinta in avanti.

Nei modelli ad alta velocità la sospensione avviene per l'effetto elettrodinamico (EDS) indotto in un superconduttore dalla presenza di un campo elettrico. Il treno ottiene la levitazione sfruttando le polarità opposte dei magneti del veicolo e gli avvolgimenti siti sul binario

Il binario è composto da un conduttore e sotto al treno si trovano dei magneti superconduttori mantenuti a una temperatura inferiore ai -179 °C. Il convoglio si regge a circa 15 cm di altezza, le onde convogliate generano la forza propulsiva che si azzera quando il veicolo è fermo. I principali problemi per questo tipo di treno sono la necessità di mantenere i superconduttori a temperature bassissime e la regolazione della forza repulsiva per bilanciare le diverse forze (vento, forza centrifuga in curva, ecc.) cui è sottoposto il treno in movimento.

 

Per frenare si usano due sistemi: il primo, quello più utilizzato,  è un sistema magnetico che inverte la polarità dei magneti, facendo decelerare il treno; il secondo è un sistema di aerofreni di derivazione aeronautica, che agiscono grazie all'attrito con l'aria. Infatti dato che il convoglio non tocca le rotaie, l'unica forza che si oppone al suo moto è l'attrito dell'aria ed è per questo che il treno è in grado di viaggiare a velocità elevatissime. JR-Maglev stabilì il nuovo record di velocità su rotaia di 603 km/h, velocità mai raggiunta da un convoglio terrestre e la tratta coprirà circa 280 km di distanza, percorribili in soli 40 minuti. 

Per concludere possiamo dire che questa nuova tecnologia rappresenta il futuro dei mezzi pubblici, e non solo, in quanto permette di ridurre l’energia necessaria per lo spostamento e le emissioni di CO2 basandosi sulle polarità opposte dei magneti del veicolo e degli avvolgimenti integrati sul binario.

Come si è fromata la megalopoli di Tokyo

Come si è formata la megalopoli di Tokyo?

Dalle due foto soprastanti si può osservare una grande differenza della struttura di Tokyo dal termine della seconda guerra mondiale fino ad oggi. Il conflitto, incominciato il 2 settembre del 1939 e terminato il 2 settembre del 1945, finì con un ultimo bombardamento per i Giapponesi che li convinse a firmare la resa. Nell’agosto del 1945 due bombe atomiche furono sganciate sulle città Hiroshima e Nagasaki, un atto che comportò la morte di oltre 200.000 civili. 

Gli Stati Uniti scelsero queste due città perché ormai la capitale Tokyo era già stata rasa al suolo. Il 9 marzo del 1945 le squadriglie di B-29 Superfortress volarono verso Tokyo. Gli aerei portavano circa 7 tonnellate di bombe incendiarie. Giunti a Tokyo, gli aerei si diressero su Shitamachi, un quartiere formato in prevalenza da edifici in legno. Buona parte della città fu ridotta a un cumulo di cenere. Avvennero altri bombardamenti in seguito, il 23 e 24 febbraio, ed infine quelli del 29 maggio definiti “bombardamenti strategici”












 
 
Finita la guerra, il Giappone fu occupato dalle forze Alleate, vincitrici del conflitto (principalmente Stati Uniti con un contributo da parte della Gran Bretagna). La popolazione di Tokyo era in ginocchio e la città in condizioni disperate. Ad aumentare il malcontento si unirono grande povertà, tensioni interne e il processo di Tokyo in cui furono puniti i criminali di guerra. Tuttavia l’imperatore e la famiglia imperiale non furono processati, fu solo chiesto loro di dimostrare che la sua origine non fosse divina. Per questo motivo l’imperatore non si impose quando il generale MacArthur assegnò a una commissione di funzionari americani il compito di promuovere una Nuova Costituzione, entrata in vigore il 3 maggio 1947.

Intorno agli anni 50 iniziò una grande espansione economica, incentivata anche dalla guerra in Corea. Il Giappone divenne un importante fornitore di beni e di servizi dell’esercito americano. La vertiginosa crescita economica fece sì che le città giapponesi crescessero notevolmente. Tokyo negli anni sessanta raggiunse gli 8 milioni di abitanti, così si fece ricorso alla costruzione di grattacieli. Ciò fece si che gli appartamenti diventassero più piccoli e più costosi, inoltre crebbe l’inquinamento acustico e atmosferico. Si ricorse anche al potenziamento delle metropolitane e alla costruzione di ferrovie ad alta velocità.










 
Negli anni ’70 il Giappone era diventata una potenza mondiale e le città crebbero a dismisura. Tuttavia la crescita subì un contraccolpo per via della crisi pertolifera del 1973. Inoltre agli inizi degli anni ’90 il Giappone subì un periodo definito “decennio perduto”. Questa crisi ebbe conseguenze sull’econimia Giapponese. Ciò comportò un aumento della disoccupazione, un calo delle nascite e un invecchiamento della popolazione.
Tokyo al giorno d’oggi è una città di 14 milioni di abitanti circa, ed è l’undicesima città al mondo. Però è anche una metropoli e megalopoli di 40 milioni di abitanti. Seconda capitale al mondo dopo Pechino, con i suoi 14 milioni di abitanti ingloba il 12% della popolazione del Giappone. L’espansione urbanistica del dopoguerra, citata precedentemente, ha creato una megalopoli che si espande per circa 13 500Km^2, chiamata “Grande Area di Tokyo”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lo scorso anno Tokyo avrebbe dovuto accogliere le olimpiadi 2020, già ospitate nel 1964. Ma a causa della pandemia da covid-19 queste furono annullate. Cercheranno di essere recuperate nell’estate del 2021, perché aiutano il turismo e l’afflusso di capitali

L'Outa occidentale di D'Annunzio

L'Outa occidentale di Gabriele D'Annunzio

Il mondo occidentale ha sempre ispirato gli scrittori, tra cui lo stesso Gabriele D’Annunzio. Nel 2010 a Tokyo è stata tenuta, dall’istituto italiano di cultura,la presentazione Outa occidentale del poeta: una poesia scritta in italiano ma seguendo la metrica giapponese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scrittore di origine abruzzese, autore de "Il Piacere" e padre del Decadentismo italiano, aveva con il Giappone un legame fortissimo, un legame alimentato da scambi di corrispondenza ideologiche e valoriali dal forte valore simbolico: D’Annunzio era fortemente radicato nell’immaginario giapponese quale poeta patriottico e delle umane passioni, era punto di riferimento importantissimo quale detentore di valori unici nella società del tempo e nella cultura accademica dei primi decenni del Novecento. Le innumerevoli traduzioni del Trionfo della morte in lingua giapponese, l’ammirazione completa di molti autori giapponesi, la fama pressoché totalizzante che accompagnava la lettura delle sue opere alla conoscenza mitica delle sue imprese, sono indicative dell’importanza che il poeta aveva nel Paese del Sol Levante: D’Annunzio era, al pari di un samurai, il poeta che interpretava la difesa dei valori morali e patriottici, interprete di passioni e nuove istanze culturali, innovatore di stili e mode.

 

Il Giappone per D’Annunzio ha sempre esercitato un fascino particolare. Siamo nel clima ormai europeo del Japonisme, all’interno di quella cultura che fa delle Japonaiserie un modo estetico e artistico di concepire l’arte e la vita. D’Annunzio era stato salutato come il poeta rinnovatore della lingua italiana, cui spettava il compito di uno svecchiamento dell’egida carducciana, di temi e forme letterarie. Un caso di assorbimento linguistico di questa cultura giapponese è rappresentato a livello metrico nella lirica “Outa occidentale”, pubblicata per la prima volta sul “Fanfulla della Domenica” è inserita nella raccolta “La Chimera”.

 

Dunque la “Outa occidentale” vuole essere un ulteriore segno dello sperimentalismo del poeta come artefice della parola, capace di rinnovare un componimento tradizionale giapponese che presenta metrica molto semplice, di 5-7-5-7-7 sillabe, in lingua italiana. È interessante notare la presenza di elementi tipici giapponesi, uniti ad altri di diversa ispirazione: i capelli sciolti delle donne, i roseti al posto dei fiori di ciliegio, le belle mani. La poesia ha dodici strofe ognuna delle quali è composta seguendo la metrica giapponese, quindi da trentun sillabe in cinque versi ma in riman, elemento che nelle poesie giapponesi non è di regola. In ogni strofa si alternano due rime secondo lo schema aBbBA, cDcDC, eFeFF.

 

La fusione della forma orientale avviene con influssi e richiami estetizzanti occidentali, a dimostrazione di quello sperimentalismo, di quella tendenza ad abbracciare il vecchio e il nuovo, che sarà alla base del D’Annunzio moderno, innovatore giapponese nella lirica italiana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hokusai è uno dei più celebri artisti giapponesi. Nelle sue stampe egli ha rappresentato la società del suo tempo, i paesaggi e le persone della sua epoca, raffigurando il Giappone del 19° secolo in tutte le sue sfaccettature. Egli è considerato uno dei più raffinati rappresentanti della scuola pittorica chiamata Ukiyo-e, parola che significa "immagini del mondo fluttuante".Nelle sue opere il grande artista giapponese interpreta il mondo in cui vive attraverso un sapiente uso dei colori, traendo profitto sia dalla pittura tradizionale giapponese sia dall'arte occidentale. I temi delle sue stampe spaziano dalle bellezze paesaggistiche e naturalistiche della sua terra ai personaggi famosi della tradizione (come l'antico poeta cinese Li Bai, venerato dai grandi scrittori giapponesi del Settecento), dai corpi sinuosi di belle cortigiane nei quartieri di piacere alle visioni di mostri e spettri raffigurati in maniera grottesca o comica, talvolta coinvolti in bizzarri amplessi con figure umane.Hokusai è nato nel 1760, quando il Giappone era governato dai Tokugawa, una famiglia di shogun (capi militari) che aveva stabilito il proprio quartiere generale a Edo, l'attuale Tokyo. Nella seconda metà del Settecento il Giappone viveva una pacifica fase di crescita ed Edo era una città ricca e fiorente. La vita cittadina era frenetica e vivace, teatri e negozi alla moda nascevano in ogni parte della città e molti erano gli uomini che trascorrevano le proprie giornate nei quartieri di piacere allietati dalla musica di uno shamisen (strumento a corda) suonato da belle geishe (letteralmente "donne esperte nelle arti"). La città di Edo viene spesso raffigurata da Hokusai nelle sue stampe, insieme alle persone che la abitano, alle loro abitudini e alle loro tradizioni.

 

Ma Hokusai è interessato anche a rappresentare paesaggi di campagna, fiori e uccelli dai colori sgargianti, contadini o pescatori intenti ai loro lavori quotidiani. Nelle sue opere appaiono canarini tra peonie, tigri rivolte verso la luna piena e falchi in volo. E accanto a tutto ciò vi si trovano anche panorami suggestivi osservati durante i frequenti viaggi e pellegrinaggi che Hokusai ha svolto in tutta la sua vita. Proprio in seguito a uno di questi viaggi, intorno al 1830, Hokusai ha raffigurato La grande onda presso la costa di Kanagawa, l'opera più nota di tutta la sua produzione. La stampa fa parte di una serie di immagini dal titolo Le trentasei vedute del monte Fuji, in cui è raffigurata la montagna sacra giapponese in 36 scene differenti.L'abilità di Hokusai in questa stampa risiede nella raffigurazione della natura che appare come una forza violenta, pronta a inghiottire gli uomini, in contrasto con l'indifferenza della lontana montagna.Dal 17° al 19° secolo, in Giappone si è sviluppata una corrente artistica conosciuta con il nome di Ukiyo-e ("immagini del mondo fluttuante", cioè pittura del mondo che passa, del mondo attuale). Con questo termine si indicano le opere che ritraggono scene e personaggi della vita quotidiana, e quindi le mode passeggere e i gusti mutevoli degli abitanti del Giappone durante il periodo Edo (1603-1868). I pittori del tempo si sono serviti delle stampe per esprimere la loro arte ironica ed eccentrica e hanno realizzato immagini assai vive della loro società giocosa e frivola, degli attori di teatro famosi e delle cortigiane affascinanti. Le stampe in quegli anni avevano raggiunto un livello tecnico incomparabile, erano vendute in migliaia di copie e contribuivano così alla rapida diffusione di tendenze e mode fra la popolazione del tempo, alimentando quel particolare gusto borghese di fluttuare nel piacere. All’artista e pittore, noto su scala globale in particolare per le sue stampe, Tokyo ha già intitolato un museo, aperto nel novembre 2016 nel quartiere in cui visse gran parte della sua esistenza; a realizzarlo è stato lo studio di architettura guidato da Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa. Si tratta del Sumida Hokusai Museum, a sua volta sede della mostra Hokusai and the Gourmets of Great Edo. 

Tokyo Fire Bombing compared with the great fire of London (1666)

 

The bombings of Tokyo occurred during the Second World War from 1942 to the summer of 1945 and were conducted exclusively by the US Air Force.  They caused enormous devastation to the Japanese capital and caused hundreds of thousands of deaths.

 


The Great Fire Of London

 

The Great Fire of London raged from Sunday, September 2nd to Wednesday, September 5th, 1666. About 13,200 houses, 87 parish churches, St. Paul's Cathedral, and a mess of the town authority's buildings were destroyed. The price is claimed to be fairly low – 6-16 deaths are usually proffered because the total killed – but historians estimate that more died, especially poorer citizens. the hearth occurred a few year after the plague killed 68,000 citizens.
On the evening of September 2nd, a fireplace began on Pudding Lame within the bakeshop of Thomas Farynor, a baker to King Charles II. London's essentially Medieval city layout contributed to the destructiveness of the fire; since most London houses were made from wood and pitch, they were very flammable and it had been shortly before the hearth began to engulf nearby buildings. The Star Inn at Fish Street Hill was consumed, and high winds spread sparks to the Church of St. Margaret and to Thames Street, where the wharves with their hemp, oil, tallow, timber, coal, and liquor provided even more fuel for the flames. 
By Monday morning the hearth had nearly crossed London Bridge. John Evelyn, one among the foremost famous chroniclers of the good Fire, wrote, "The conflagration was so universal, and therefore the people so astonished, that from the start , i do know not by what despondency or fate, they hardly stirred to quench it, in order that there was nothing heard or seen but crying out and lamentation, running about like distracted creatures without in the least attempting to save lots of even their goods, such a wierd consternation there was upon them."
The Lord Mayor of London, Sir Thomas Bloodworth, was quite indecisive and delayed the first method of fighting fires at the time – the erection of firebreaks by way of demolition. He feared the prices of rebuilding, but his delay was even more costly. By the time he ordered the firebreaks, the guts h was spreading to the heart of the town . A royal command was handed down, carried by famous London denizen Pepys , and therefore the Trained Bands of London (there were no official police or fire departments) were also called in. However, the conflagration couldn't be contained and raged for an additional three days. On Tuesday St. Paul's Cathedral was destroyed, and Charles II's court at Whitehall was threatened. It came to a stop at Temple Church, on the other hand revived and moved towards Westminster. At now the Duke of York involved the Paper House to be demolished as a firebreak, which finally caused the hearth to die down. The gunpowder utilized in creating firebreaks and therefore the dying down of the strong, easterly winds are said to possess caused the fire's cessation. 
Many Londoners feared that foreigners had set the hearth , pointing to the French and therefore the Dutch especially , enemies of England from the Anglo-Dutch War. Some French and Dutch citizens were subjected to lynching or beatings.
Although the death count was reportedly low, the town faced considerable economic and social problems after the hearth . An estimated 80% of the town was destroyed, and thousands of citizens were left homeless and impoverished. the sole benefit was that the plague was banished, thanks to the destruction of the rats infected with the disease.
Charles II encouraged Londoners to resettle elsewhere, as he feared a rebellion among the dispossessed refugees. He appointed six Commissioners to revamp the town , calling for wider streets and brick buildings. Although much of London ended up being rebuilt during a similar fashion to the pre-fire city, the broader streets and brick and stone buildings were important changes. Christopher Wren oversaw the rebuilding of St. Paul's, also as a monument to the good Fire which stands at the location of the bakery where the blaze began. the road is now called Monument Street.

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Tokyo fire bombing
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