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La città romana

Camminando nel centro storico di Roma è possibile ammirare le tracce di una storia e di una cultura millenaria.
Nel nostro immaginario collettivo sono resti della più grande civiltà occidentale mai esistita. Il regime fascista trova culturalmente, architettonicamente e politicamente ispirazione nel mito dell’antico Impero Romano: ma come era realmente? Lo scopriremo attraverso le descrizioni di alcuni contemporanei che non solo ci illustreranno usi e costumi della loro società ma anche l’organizzazione della città e la potenza di un così grande impero

La Roma descritta dai contemporanei

La Roma descritta dai contemporanei

Si può parlare della storia di Roma a partire dal 14 d.C., ovvero subito dopo la morte dell’imperatore Augusto, a cui succede Tiberio, suo figlio adottivo. Inizia così la dinastia giulio-claudia che regnerà su Roma circa dal 14 al 68 d.C., per poi fare spazio alla dinastia Flavia. Dopo la morte di Tiberio il senato acclama imperatore suo nipote Caligola. Egli nonostante si atteggi a sovrano assoluto è molto amato dalla plebe. Inviso alla nobiltà senatoria ,è vittima di una congiura dei pretoriani nel 41. I pretoriani pongono cosi sul trono Claudio, zio di Caligola. Nel 44 Claudio conquista la parte meridionale della Britannia dove sorge Londra. Nel 54 a Claudio, fatto uccidere dalla moglie Agrippina, succede il figlio naturale della moglie: Nerone. Egli, una volta liberatosi della madre e dei tutori Seneca e Afranio Burro, governa in modo dispotico. Nel 64 un incendio devasta Roma, forse ordinato da Nerone stesso che ne fa ricadere la colpa sui cristiani. 

L’incendio di Roma del 64 d.C. è rimasto famoso nella storia sia perché buona parte della città andò distrutta sia per la persecuzione contro i cristiani, la prima, che seguì. I sospetti si concentrarono subito su Nerone perché l’imperatore, che si trovava ad Anzio, non si precipitò subito in città, ma vi accorse solo quando le fiamme cominciarono a lambire il colle Palatino, dove stava la residenza imperiale. Inoltre, subito dopo l’incendio, egli fece costruire la sontuosa residenza che prese nome di Domus Aurea, la casa d’oro, circondata da vasti giardini nei quali si trovavano, dove poi fu costruito il Colosseo, un lago e una statua colossale che lo raffigurava. Quella stessa che poi diede il nome più noto all’anfiteatro Flavio.

L’incendio cominciò a divampare nella zona del Circo Massimo. Scrive Tacito Annales, Liber  XV

38 Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo dell’imperatore -gli storici infatti tramandano le due versioni - comunque il più grave ed atroce toccato alla città a causa di un incendio. Iniziò nella parte del circo contigua ai colli Palatino e Celio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. Non c’erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. L’incendio invase, nella sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l’esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. 

XXXVIII. Sequitur clades, forte an dolo principis incertum ( nam utrumque auctores prodidere ), sed omnibus quae huic urbi per uiolentiam ignium acciderunt grauior atque atrocior. Initium in ea parte circi ortum quae Palatino Caelioque montibus contigua est, ubi per tabernas, quibus id mercimonium inerat quo flamma alitur, simul coeptus ignis et statim ualidus ac uento citus longitudinem circi corripuit. Neque enim domus munimentis saeptae uel templa muris cincta aut quid aliud morae interiacebat. Impetu peruagatum incendium plana primum, deinde in edita adsurgens et rursus inferiora, populando, antiit remedia uelocitate mali et obnoxia urbe artis itineribus hucque et illuc flexis atque enormibus uicis, qualis uetus Roma fuit. 













Svetonio (Nerone 38) narra che, a causa della bruttezza di Roma e della sinuosità delle sue strade, Nerone “incendiò Roma”  volendo il terreno su cui poi avrebbe fatto sorgere la Domus Aurea. 

Tacito è l’unico a parlare di caso a proposito delle cause che generarono l’incendio (l’altra è “dolo principis”), perché l’aveva trovata tra le fonti consultate (auctores). Insomma, non dà per scontata la colpevolezza dell’imperatore, come Svetonio e Cassio Dione, che pure riportano la scena di Nerone che contempla l’incendio, facendo però capire che accadde veramente.

Che città era Roma prima dell’incendio? Divisa in quattordici “regiones” (da questo termine, poi, sarebbe nato l’italiano rione), aveva ormai raggiunto il milione di abitanti, che vivevano ammassati nell’area dell’attuale centro storico. I più erano poveri e costretti a vivere in palazzi fatiscenti, detti “insulae”, dove non c’erano finestre che davano verso la strada e le singole case erano, più che altro, camere dove l’intera famiglia abitava. Addossate le une alle altre, in vie strette, e illuminate da torce e lanterne, queste abitazioni in legno erano facilmente incendiabili. 

Svetonio nel De vita duodecim Caesarum, Nero 31 racconta come venne ricostruita la città:

16 […] Pensò di dare una nuova forma agli edifici di Roma e volle che davanti agli isolati e alle case vi fossero dei portici sormontati da terrazzi da dove si potevano combattere gli incendi; li fece costruire a sue spese. Aveva anche deciso di prolungare le mura della città fino a Ostia e di fare arrivare le acque del mare fino ai vecchi quartieri di Roma per mezzo di un canale che partiva appunto da Ostia. 
 
Tra gli edifici distrutti c’era anche la reggia imperiale, sul Palatino. Bisognoso di una nuova dimora, dunque, Nerone chiese agli architetti Severo e Celere di progettarne una degna della sua megalomania, la Domus Aurea, nella quale esisteva una sala da pranzo, detta “coenatio rotunda” dotata di un sistema di rotazione che permetteva a Nerone e ai suoi ospiti di banchettare ammirando Roma per 360°.  Scrive Svetonio  nel De vita duodecim Caesarum, Nero 31 

31 […] Nel resto dell'edificio tutto era ricoperto d'oro e rivestito di pietre preziose e di conchiglie e di perle; i soffitti delle sale da pranzo erano fatti di tavolette d'avorio mobili e percorsi da tubazioni, per poter lanciare sui commensali fiori, oppure profumi. 
 
Finalmente, lo racconta Svetonio, con questa reggia l’imperatore aveva cominciato a vivere in una casa degna di un uomo (“quasi hominem tandem habitare coepisse”, Nerone 31).
 la Domus Aurea












 
 
 
Nerone nel 68 è costretto al suicidio in seguito alla rivolta  delle truppe in Lusitania, che proclamano imperatore il loro comandante Galba. Questo periodo(69 d.C.) è chiamato l’anno dei 4 imperatori, che si succedono in poco tempo. Galba è deposto dai pretoriani e sostituito da Otone, quindi rovesciato da Vitellio, sostenuto dalle truppe stanziate sul Reno. L’esercito mandato in Oriente a combattere la rivolta degli Ebrei proclama invece imperatore il proprio comandante Flavio Vespasiano (con cui inizia la dinastia Flavia) che si insedia a Roma negli anni successivi. Il governo di Vespasiano, centrato sul consolidamento delle finanze e dell’esercito, vede la distruzione di Gerusalemme nel 70 a opera di suo figlio Tito, che succede al padre nel 79. Nel suo breve governo porta a termine la costruzione del Colosseo. Nell’81 a Tito succede il fratello Domiziano. Egli in politica estera conduce campagne contro i Catti e i Daci. Nel 96 è ucciso da una congiura ordinata dai prefetti del pretorio e da sua moglie.

Roma sotto i Flavi: testimonianza di Giovenale, Satire, 3.21
 
A Roma non c’è piú posto per un lavoro onesto, non c’è compenso alle fatiche; meno di ieri è ciò che oggi possiedi e a nulla si ridurrà domani […] Artorio e Càtulo ci vivano, ci rimanga chi muta il nero in bianco, chi si diverte ad appaltare case, fiumi e porti, cloache da pulire, cadaveri da cremare e vite da offrire all’incanto per diritto d’asta. Un tempo suonavano il corno, comparse fisse delle arene di provincia, ciarlatani famosi di città in città; ora offrono giochi e quando la plebaglia abbassa il pollice decretano la morte per ottenerne il favore; poi, di ritorno, appaltano latrine.

Il piano urbanistico

Il piano urbanistico

La forma della città è quadrata o rettangolare, ed è evidenziata dalla cinta muraria, il “pomerium”. All’interno del recinto due assi principali il “cardo” (da nord a sud) ed il “decumanus” (da est a ovest) regolano la disposizione di tutti gli elementi della città

Per la centuriazone, l’agrimensore si serviva della groma, strumento che permetteva di tracciare linee parallele sul terreno.

Le città possono fare riferimento a due modelli:

  • Al modello spontaneo fanno riferimento le strutture che denotano la permanenza di sistemi insediativi più antichi. L’assenza di assialità strutturanti denuncia compiutamente le origini.

  • Al secondo modello appartengono le città di nuova fondazione. Il piano urbanistico è tracciato secondo le leggi geometrico-modulari che hanno rappresentato il punto qualificante dell’urbanistica cardodecumanica

La sopravvivenza delle antiche vestigia al trascorrere del tempo

La sopravvivenza di Roma

Grazie alle leggi geometrico-modulari amate dai romani, è possibile per esempio ricostruire l’aspetto originale dei pavimenti delle tabernae dei Mercati di Traiano a Roma.

La teoria matematica delle tassellazioni del piano, ossia di configurazioni piane che si ottengono per accostamento di poligoni riempiendo una superficie senza sovrapposizioni, venne elaborata da Polya nel 1924. 

A partire da uno stesso motivo di base, il dominio fondamentale, sono 17 le possibili composizioni di simmetria da esso ottenibili considerando il movimento che si ottiene attuando un movimento rigido dopo l’altro.

Come la geologia del territorio ha influito sul
mantenimento di Roma

 

Sebbene non sia considerata una città ad alto rischio sismico, Roma può risentire dei terremoti più violenti generati anche a centinaia di chilometri di distanza, in quanto le onde sismiche, attraversando terreni poco compatti, possono subire un effetto di amplificazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La parte meridionale del Colosseo, quella interessata dal crollo, insiste proprio su un sottosuolo debole, fatto di sedimenti fluviali: l’anfiteatro sorge infatti nell’avvallamento di un laghetto semi-artificiale che, alimentato da un antico affluente del Tevere, era posto al centro dei giardini della Domus Aurea di Nerone. La parte settentrionale poggia invece su un terreno di rocce vulcaniche ben più solido, e difatti qui l’edificio è rimasto praticamente intatto. Il crollo in sé è conseguenza di un catastrofico terremoto, con epicentro nell’Appennino Centrale, che si verificò nel 1349. Il fatto che abbia ceduto solo parzialmente, acquisendo lo skyline “asimmetrico” che l’ha reso celebre in tutto il mondo, è invece dovuto appunto al particolare tipo di sottosuolo su cui poggia.

UNITA' CONTINENTALI PLEISTOCENICHE

ROCCE TUFACEE

The Roman Heritage in Britain

The Roman Heritage in Britain

To the Roman world, Britain was an unknown and mysterious land across the sea when Julius Caesar invaded in 55–54 BC. One hundred years after raids under Julius Cesar, the Romans conquered the island under Emperor Claudius. Gradual advance through southern England and Wales was halted in AD 60 by the rebellion of Boudicca. The revolt was suppressed, but not before three recently founded Roman cities, Camulodunum (Colchester), Verulamium (St Albans) and Londinium (London), had been burned to the ground. Tacito -  Annales XIV, 32:

"Inter quae nulla palam causa delapsum Camuloduni simulacrum Victoriae ac retro conversum, quasi cederet hostibus. Et feminae in furorem turbatae adesse exitium canebant, externosque fremitus in curia eorum auditos; consonuisse ululatibus theatrum visamque speciem in aestuario Tamesae subversae coloniae."

"Meanwhile, for no apparent reason, the statue of Victory at Camulodunum fell, with its back turned as if in retreat from the enemy. Women, converted into maniacs by excitement, cried that destruction was at hand and that alien cries had been heard in the invaders’ senate-house: the theatre had rung with shrieks, and in the estuary of the Thames had been seen a vision of the ruined colony."

In AD 83 or 84 the Caledonians' defeat at the hands of Agricola is recorded by Tacitus. Tacito - Agricola, 30:

"Auferre, trucidare, rapere, falsis nominibus imperium, atque, ubi solitudinem faciunt, pacem appellant."

"To robbery, slaughter, plunder, they give the lying name of empire; they make a solitude and call it peace"

Hadrian’s Wall is a defensive barrier built by Emperor Hadrian who “was the first to build a wall to separate the Romans from the barbarians.” Emperor Hadrian gives up the idea of  expand the empire. The ancient walls were built primarily for defensive purposes. Nowadays, they are built more to prevent immigration, terrorism, or the flow of illegal drugs. But there is a common connection, which is the idea of keeping outsiders out. For more information about "Why humans build walls to keep people out—or in" click HERE.

All civilizations rely on government administration. No civilization better exemplifies this than ancient Rome. Ancient Rome relied on a engineering projects (roads), language (Latin), and legal codes to administer its far-flung European empire.

Aqueduct

Roads and Surveying

Baths (Bath, England)

In order to provide its growing cities with freshwater, the Roman Empire developed the aqueduct, an engineering innovation that allowed the transport of freshwater across long distances. Normally starting at fresh mountain sources, an aqueduct would gradually lower, allowing gravity to bring water from its source to a city.

 

Building a strong network of roads that were safe to travel helped the economy of the Roman Empire flourish as goods and people could travel from one side of the Roman Empire to another.

 

Another major feature of Roman culture was bathhouses. For men and women, the bathhouse became a zone of social interaction where politics, business, and gossip could be discussed. In addition, amenities like this helped the Romans win over newly conquered peoples, showing that belonging to the Roman Empire had positive benefits and did not mean complete subjugation.

Having a similar language made communication and leadership easier for Rome in its far-flung territories.Many Latin root words are also the foundation for many English words. The English alphabet is based on the Latin alphabet. Along with that, a lot of Latin is still used in the present-day justice system.

Roman leaders relied on a series of legal codes for administration. These codes helped structure laws between different parts of Roman territory. The Roman justice system did serve as a rough outline of how court proceedings happen today. For example, there was a preliminary hearing where the magistrate decided whether or not there was actually a case. If there were grounds for a case.

Romans used local leaders to administer the law in their territories. Residents were more familiar with their own leaders, and more likely to follow their announcements.

Il Fascismo e il mito di Roma

Il Fascismo e il mito di Roma

La diffusione del mito

Nel programma dei fasci di combattimento del 1919 non vi era alcun richiamo a valori derivanti dal mondo romano, così come non si faceva cenno al mito di Roma in quello redatto nel 1920. Soltanto nel 1921, con la trasformazione del movimento in partito, la romanità divenne uno dei principali strumenti simbolici del fascismo che l’adottò per definire la sua individualità politica, la sua organizzazione, il suo stile di vita e gli obiettivi della sua azione.

La propaganda del regime cercò di stabilire un continuo parallelismo fra il fascismo e l’antica Roma. L’idea era quella di presentare l’Italia fascista come l’erede di Roma imperiale, come il paese che, dopo duemila anni ne rinnovava i trionfi. In questa luce, Mussolini fu raffigurato come un capo potente e vittorioso, degno di stare alla pari con i grandi condottieri romani. Per questo egli fu chiamato duce come a Roma venivano chiamati i generali vittoriosi. Per lo stesso motivo fu introdotto l’uso del saluto romano col braccio alzato, il saluto che le legioni romane riservavano ai comandanti vittoriosi. 

Il Mediterraneo fu chiamato “mare nostrum” per significare che l’Italia era di nuovo destinata a dominarlo, come ai tempi di Roma. Il mito di Roma fu tutt’uno col militarismo e con l’imperialismo che dovevano caratterizzare l’Italia fascista.


Per celebrare il mito di Roma i fascisti non limitarono la loro azione alla diffusione ossessiva del fascio littorio. Sin dagli anni Venti il regime decise di eliminare quelle che considerava incrostazioni del passato e dal 1923 iniziò a demolire buona parte del centro storico della capitale d’Italia presentando queste iniziative come una liberazione dei luoghi sacri dell’antichità, profanati da indegne superfetazioni. Nel 1924 vennero abbattute le case che coprivano i mercati e il foro di Traiano, quello di Augusto e quello di Cesare, alla sinistra dell’altare della patria ; l’anno successivo cominciarono i lavori nell’attuale piazza di Torre Argentina ; nel 1926 fu la volta del Teatro di Marcello mentre fra il 1928 e il 1930 cominciarono gli smantellamenti dei vecchi quartieri medievali situati alla destra dell’altare della patria. Con una vera e propria furia demolitrice, all’inizio del 1931, ebbe inizio a Roma la costruzione della via dell’Impero, che avrebbe collegato piazza Venezia al Colosseo. Per realizzarla furono distrutti tutti i fabbricati del foro di Traiano e fu cancellato il quartiere cinquecentesco costruito sui fori di Augusto e Nerva.

L'architettura fascista

L'architettura fascista

L’obiettivo dell’architettura “fascista” era quello di conciliare l’antica tradizione romana, riprendendo solo alcuni vecchi elementi come il fascio littorio romano o l’aquila simbolo dell’impero, con l’architettura di tipo moderno e funzionale.

Il rigore razionalista fascista oltre a risolvere i problemi di edilizia di massa cercò di connettere la forma alla funzione, utilizzando elementi squadrati, ripetitivi e riducendo il tutto all'essenziale, fatto di linee, angoli retti, volumi netti e squadrati. Si voleva un’architettura sganciata totalmente dal passato, che fosse espressione della politica celebrativa e a carattere propagandistico, per questo le opere architettoniche di questo periodo sono sempre di imponenti dimensioni. E questo avvenne non solo nella dittatura italiana, ma anche in quella tedesca e in quella stalinista. Lo stile Mussoliniano, si differenzia dagli stili delle altre dittature dell'epoca, quella nazista e quella comunista, per l'utilizzo del travertino, dei mattoni e del marmo, e per l'aggiunta in alcune opere di statue, di bassorilievi, e di mosaici che rimandavano al gusto glorioso della romanità antica.

L’architettura può essere divisa in 2 correnti principali: razionalista e monumentalista.


La prima era usata a scopo propagandistico: gli edifici erano freddi, statici senza decorazioni visto che il regime doveva essere portatore di solidità, ordine e rigore. Il suo migliore esponente fu l’architetto Giuseppe Terragni. La seconda invece mirava alla costruzione di edifici spettacolari che dovevano stupire sia per la loro grandezza sia per il maggior uso del marmo a ricordo dell’Impero Romano. Il maggior esponente fu l’architetto Marcello Piacentini.

 

Le maggiori opere di questo movimento a Roma furono la progettazione del quartiere Eur, lo sventramento di via dei fori imperiali e il foro italico.

Roma, capitale dell'Italia unita con l'intento mazziniano di superare nella modernità le pesanti eredità imperiali e del potere papale. Un sogno che fu anche architettonico e che il fascismo interpretò come sostanza scenografica del suo regime. D'altra parte, l'Italia, come vediamo sulla facciata del "Colosseo quadrato" è un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori e forse lo è pure di architetti.

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