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La città tra '800 e '900

Parigi è il simbolo dell'intera Francia da oltre mille anni, da quando ne è diventata la capitale nel 987, e questo ruolo ha fatto sì che i sovrani francesi l’abbiano sempre più arricchita facendola diventare così una delle più affascinanti città del mondo.
Parigi ancora oggi ti trasmette tutta l’atmosfera del suo glorioso passato coi grandi edifici napoleonici, nelle maestose cattedrali gotiche come Nôtre Dame, nei sontuosi Palazzi come Les Invalides, o anche nei suoi ricchi musei, come il Louvre. Vedrai la Parigi della Belle Époque, quando alla fine dell'ottocento, proprio qui cominciarono a circolare i tram e le auto, e la città si illuminò con l'elettricità, tanto da essere soprannominata dagli inglesi la Ville Lumière, la città della luce

Charles Baudelaire
E’ considerato uno dei maggiori poeti del XIX secolo, il suo pensiero ha influenzato molti autori, fu inoltre esponente chiave del simbolismo e precursore del decadentismo, le due correnti  culturali principali sul finire dell’800. L’opera più celebre di questo autore è I FIORI DEL MALE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In quest’opera l’autore ci fornisce uno spaccato della città di Parigi. La Parigi descritta da Baudelaire è una città camaleontica e varia, per descrivere questa varietà vengono evidenziate tutte le classi sociali, dal ricco borghese fino alle prostitute o ai saltimbanchi. Questa società si presenta in continua e costante evoluzione, che però non è positiva ma diretta verso la massificazione e la mercificazione di ogni aspetto del vivere, dai bisogni del vivere fino alla cultura. Il quadro di questa Parigi porta il poeta ad allontanarsi da questa visione ed ha rifugiarsi appunto nella poesia.

 

 

Honoré de Balzac

Honoré de Balzac, nato Honoré de Balzac ( Parigi, 18 agosto 1850) è stato uno scrittore, drammaturgo, critico letterario, saggista, giornalista e stampatore francese, considerato fra i maggiori della sua epoca, ed anche il principale maestro del romanzo realista francese del XIX secolo. Scrittore prolifico, ha elaborato un'opera monumentale: La commedia umana è un ciclo di numerosi romanzi e racconti che hanno l'obiettivo di descrivere la società francese in modo esaustivo e di esaminarne ogni suo aspetto.

Uno dei più celebri romanzi di Honoré de Balzac è "Papà Goriot", nella quale vi è un'attenta analisi dei molti ambienti della società  del tempo

Gli ambienti descritti in "Papà Goriot" sono tre: l'ambiente della pensione, l'ambiente dell'alta finanza e l'ambiente dell'aristocrazia.

 

Balzac sviluppa la vicenda tra questi tre ambienti che si presentano come veri e propri nodi tematici. La cosa interessante da notare è che gli ambienti dell'alta finanza e dell'aristocrazia si assomigliano molto poiché mostrano gli stessi valori negativi che Balzac attribuisce alla società borghese della Francia del XIX secolo (il denaro, l'ipocrisia ecc).

 

 

 

 

Il microcosmo di Parigi

Le rappresentazioni nel romanzo, della stratificazione sociale, sono specifiche di Parigi, forse la città più densamente popolata in Europa all'epoca. Viaggiando solo pochi isolati - come Rastignac fa continuamente - porta il lettore in mondi molto diversi, distinti per la loro architettura e che riflettono la classe dei loro abitanti. Parigi nell'era post-napoleonica fu divisa in quartieri distinti. Tre di questi sono in primo piano nel Père Goriot: la zona aristocratica del Faubourg Saint-Germain, il nuovo quartiere di lusso della rue de la Chaussée-d'Antin, e l'area degradata sul versante orientale della Montagne Sainte -Geneviève.

 

Questi quartieri della città servono come microcosmi che Rastignac cerca di dominare; Vautrin, nel frattempo, opera in modalità invisibile, muovendosi tra essi senza essere individuato. Rastignac, come l'ingenuo giovane di paese, cerca in questi mondi una nuova casa. Parigi gli offre la possibilità di abbandonare la sua lontana famiglia e rifarsi nella spietata immagine della città. Il suo esodo urbano è come quello di molte persone che si sono trasferite nella capitale francese, raddoppiando la sua popolazione tra il 1800 e il 1830. La trama del romanzo è quindi inestricabilmente legata alla città in cui è ambientata; "Parigi - spiega il critico Peter Brooks - è la presenza incombente che conferisce al romanzo il suo particolare tono".

Louis Pasteur

Louis Pasteur (Dole, 27 dicembre 1822 – Marnes-la-Coquette, 28 settembre 1895) è stato un chimico e microbiologo francese.

Grazie alle sue scoperte e alla sua attività di ricerca è universalmente considerato il fondatore della moderna microbiologia. Ha inoltre operato nel campo della chimica e occasionalmente si occupò anche di fisica.

Prima di morire nel 1895, dopo aver descritto il mondo meraviglioso dei microrganismi, aver delimitato il confine fra materia inerte e materia vivente, e aver vinto con la vaccinazione molte malattie infettive, Pasteur ha lasciato ai suoi allievi una raccomandazione che è rimasta scolpita nella storia della scienza:

 «Vi prego di interessarvi attivamente a quegli spazi sacri chiamati laboratori. Chiedete che ve ne siano molti altri e che siano belli perché sono i templi del futuro, della vera ricchezza e del benessere. È qui che l’umanità crescerà, si rafforzerà e si migliorerà. Qui l’umanità imparerà a interpretare l’opera nella natura come progresso e armonia individuale, mentre le opere dell’uomo portano troppo spesso alla barbarie, al fanatismo e alla distruzione».

 

Enantiomeria dei cristalli
Ancora studente, Pasteur iniziò a descrivere da un punto di vista chimico e cristallografico l’acido tartarico, contenuto nel mosto d’uva: egli intuì che alcune sue particolari proprietà ottiche e la caratteristica forma dei cristalli potevano essere attribuite alla struttura asimmetrica delle sue molecole. Questa congettura fu confermata venti anni più tardi e fu dimostrato che l’asimmetria molecolare è uno dei caratteri distintivi di molte molecole degli organismi viventi.

Ad oggi si sa che gli enantiomeri sono particolari isomeri ottici, ovvero due composti simili in tutte le proprietà fisiche e chimiche e che differiscono soltanto perché uno devia il piano della luce polarizzata in un senso e l’altro in senso opposto e di un uguale numero di gradi: i due isomeri sono detti rispettivamente destrogiro e levogiro. L’isomeria ottica è dovuta alla presenza di un atomo di carbonio asimmetrico nella molecola degli enantiomeri (carbonio chirale) e cioè, nel modello tetraedrico l’atomo di carbonio posto al centro del tetraedro ha le valenze saturate da atomi o gruppi atomici differenti fra loro. Il modello tetraedrico rende ragione dell’esistenza di due configurazioni spaziali non sovrapponibili, che sono l’una l’immagine speculare dell’altra. 

 

La fermentazione e la pastorizzazione
Dopo questi primi studi, una distilleria gli chiese di eliminare le impurità, soprattutto acido lattico e acido acetico, presenti nel vino. Allora non si sapeva come si originasse l’alcol contenuto nel vino e nella birra e fu Pasteur a osservare per primo che la produzione di questa sostanza era dovuta allo sviluppo di cellule speciali, che chiamò fermenti, oggi meglio note come lieviti. L’osservazione diretta della crescita di questi microrganismi lo portò a negare l’origine spontanea della vita e a formulare invece la teoria dell’origine germinale della vita, secondo la quale la vita nasce sempre da una cellula già esistente e che si riproduce in un numero immenso di cellule. Pasteur si accorse che i fermenti potevano riprodursi anche in assenza di ossigeno, portando alla liberazione di anidride carbonica e alla produzione di alcol etilico.

 

Pasteur definì batteri anaerobi quelli capaci di vivere in assenza di ossigeno, e batteri aerobi quelli che invece richiedono ossigeno per respirare e perciò sopravvivere.

 

 

 

 

 

 

 

Gli studi di Pasteur sulla fermentazione alcolica non si fermarono qui: a volte capitava che la fermentazione si bloccasse completamente e quindi non si arrivasse alla formazione del vino, con grave danno per l’industria produttrice. Pasteur scoprì che esistevano alcuni batteri capaci di distruggere i lieviti del vino, e osservò anche che, a differenza dei lieviti, questi batteri morivano scaldando il mosto a 55 °C per alcuni minuti. Questa tecnica, chiamata pastorizzazione, o pasteurizzazione, viene usata tuttora per conservare per alcuni giorni alimenti, come il latte, senza sottoporli al più drastico processo di sterilizzazione.

Gli studi sulle malattie infettive:dal baco da seta all'uomo

Assieme all’industria del vino, la produzione della seta a mezzo dei bachi era allora una delle maggiori attività produttive in Europa. La crescita dei bachi da seta era spesso ostacolata da malattie che sorgevano d’improvviso e che si trasmettevano da una filanda all’altra. Pasteur identificò alcuni ceppi di batteri che infettavano le uova dei bachi da seta, riuscendo a isolarli e a distruggerli.

 

 

 

 

 

Nel corso dei suoi studi Pasteur osservò che in genere i batteri potevano essere eliminati mediante l’ebollizione a 100 °C, oppure utilizzando sostanze per loro tossiche. Un chirurgo inglese, Joseph Lister, che lesse di queste scoperte, mise a punto dei metodi per ottenere l’asepsi (la perfetta sterilizzazione) del materiale chirurgico, riuscendo così ad arrestare le infezioni che si potevano contrarre durante le operazioni chirurgiche a causa della scarsa igiene.

 

La scoperta dell'immunità e dei vaccini

Le ricerche di Pasteur sulle malattie degli animali posero le basi degli studi sull’immunità.

Studiò l’infezione del colera nei polli, concludendo che il contatto dell’organismo con microrganismi meno vitali genera in esso una resistenza e che, se l’organismo sopravvive a una prima infezione, tale difesa tende a diventare permanente.

Fu chiaro che, per ottenere resistenza (immunità) alle infezioni, era necessario diminuire la capacità infettiva dei batteri e poi inoculare quei batteri inattivi negli organismi da proteggere. Questo metodo, definito da Pasteur stesso vaccinazione, fu utilizzato subito e con successo per vincere l’antrace delle mucche.

Il vaccino antirabbico

Le successive ricerche del laboratorio di Pasteur riguardarono la vaccinazione contro il virus della rabbia. Ciò che si conosceva era che la saliva degli animali arrabbiati conteneva il virus rabbico, che il male si comunicava con morsi e che il periodo di incubazione poteva durare da qualche giorno a parecchi mesi.

 

Pasteur però, dopo alcune ricerche, scoprì che la rabbia non risiedeva soltanto nella saliva. La maggioranza degli animali che avevano ricevuto sotto la pelle una inoculazione di materia del cervello di cani arrabbiati soccombevano alla rabbia: questa materia virulenta agiva meglio della saliva. Pasteur capì che l'ambiente più favorevole al virus era il cervello. 

Partendo da questo presupposto, decise di creare il vaccino utilizzando parti di midollo. Prelevato un frammento del midollo di un coniglio che era morto di rabbia, lo sospese con un filo in un flacone sterilizzato, l'aria del quale era mantenuta allo stato secco con dei frammenti di potassa caustica posti in fondo al vaso. Con il passare dei giorni, man mano che il midollo si disseccava, perdeva sempre più la sua virulenza. Il virus, una volta divenuto inattivo, veniva tritato nell'acqua pura e infine inoculato.

Il 1º marzo 1886, Pasteur poteva affermare davanti all'Accademia delle scienze che, su 350 persone sottoposte al trattamento preventivo contro la rabbia, c'era stata effettivamente una sola morte.

 

A ricordo di questa scoperta Pasteur fondò un istituto di ricerca nel 1888 a Parigi per lo studio e la cura delle malattie infettive, e lo diresse fino alla sua morte. Dalla sua fondazione l’Istituto Pasteur è un polo mondiale della ricerca biologica e tuttora dà contributi importanti per la conoscenza e la sconfitta delle vecchie e nuove malattie infettive. Ben otto ricercatori di questo istituto hanno ricevuto il Premio Nobel. L’Istituto Pasteur fu il primo a isolare in laboratorio il virus dell’HIV.

La Parigi della Belle Epoque

Gli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento furono caratterizzati da sviluppo economico e sociale, fiorire delle arti e innovazioni scientifiche. Parigi fu protagonista di questo periodo di prosperità e ancora oggi è possibile scoprire la città sulle orme della Belle Époque.

Prosperità economica, progresso tecnico-scientifico, tranquillità sociale e fermento artistico sono gli elementi chiave che caratterizzarono la Parigi della Belle Epoque, momento di rinascita che ebbe inizio con la Francia della Terza Repubblica nel 1870 e terminò con lo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914.

 

 

 

 

 

 

 

Tre sontuose "esposizioni universali" nel 1878, 1889 e 1900 portarono milioni di visitatori a Parigi per assaggiare le ultime innovazioni nel commercio, nell'arte e nella tecnologia. Parigi è stata la scena della prima proiezione pubblica di un film e il luogo di nascita dei Balletti Russi , dell'Impressionismo e dell'Art Noveau.

La Belle Époque fu quindi sinonimo di grande creatività e di sviluppo delle arti e la Parigi di fine secolo fu riconosciuta universalmente come il “luogo dove tutto era possibile” e dove si aveva la possibilità di esprimersi con forme e linguaggi innovativi.

 

La città era abituata ai cambiamenti. L’ambizioso piano urbanistico del barone Haussmann l’aveva totalmente modificata durante il Secondo impero (1852-1870); aveva demolito gli antichi quartieri dalle stradine strette e dai palazzi sovraffollati per sostituirli con ampi viali che facevano penetrare la luce e favorivano la circolazione di persone e vetture. Nel suo anelito di abbellire e rendere pulita Parigi, Haussmann aveva predisposto pure una rete fognaria, l’illuminazione con fanali a gas e la creazione di spazi verdi; tra i suoi obiettivi c’era quello di evitare che si alzassero di nuovo le barricate, com’era successo nel 1848. Le classi popolari furono quindi costrette a spostarsi nelle periferie, perché non potevano più permettersi gli affitti dei rinnovati palazzi del centro.

Il progresso stava rivoluzionando il mondo intero.

 

La Ville Lumiere

Il primo passo fu l’elettricità ma non era cambiato soltanto lo sfavillio della città; anche l’odore ormai era diverso. I palazzi venivano ora collegati al sempre più ampio sistema di tubature, e il prefetto della Senna, Eugène Poubelle, prescrisse che fossero collocati dei secchi della spazzatura davanti a ogni edificio. Poubelle poteva ritenersi orgoglioso per aver contribuito a migliorare l’igiene di Parigi, anche se poi gli inviperiti cittadini si vendicarono battezzando i cassonetti con il suo nome – e, in effetti, da allora si chiamano ancora così, poubelle.

Tutto questo portò a un generale miglioramento per la vita degli abitanti, sebbene il progresso avesse toccato prima i settori privilegiati e, solo in un secondo momento, il resto della popolazione. Non allungò quindi solo l’aspettativa di vita dei parigini, fino ad allora sotto la media francese, ma ridusse notevolmente la differenza tra i residenti delle zone alte e quelli dei quartieri più poveri. E così durante la Belle Époque Parigi passò da 1,8 a 2,8 milioni di abitanti. Questa incredibile crescita demografica era dovuta pure al fatto che la città diveniva sempre più attraente agli occhi dei migranti, i quali arrivavano a frotte da ogni angolo del Paese. E ciò non sarebbe stato possibile senza una rete più estesa ed efficace di mezzi pubblici.

 

 

 

Trasporti per tutti

Negli ultimi secoli, la classe inferiore viveva il più vicino possibile al posto di lavoro, di solito a pochi passi. Tuttavia, nel 19 ° secolo, il lancio di una rete di carrozze trainate da cavalli e tram ha permesso alle persone di vivere ancora più lontano. Man mano che le città si sviluppano e diventano densamente popolate, cresce anche la domanda di miglioramento e rafforzamento dei trasporti. È il progresso che consente di soddisfare questa domanda. L'elettricità utilizzata per illuminare le strade era utilizzata come mezzo di trasporto: il primo tram fu inaugurato nel 1898. I taxi iniziarono a viaggiare per Parigi nel 1905 e da 417 nel 1906 erano 7.000 nel 1914. La classe operaia dovette far fronte agli autobus passeggeri motorizzati che iniziarono a circolare nel 1906.

Alcuni parigini sono a disagio per queste nuove modalità di trasporto, tuttavia sono anche preoccupati per l'impatto delle "auto ad alta velocità" sulle persone e sono preoccupati di essere colpiti o schiantati. Nel crepuscolo dell'era della bellezza, Parigi è ancora una città con le ruote: nel 1913, la corsa in carrozza completò la sua ultima corsa e nello stesso anno il servizio di spazzatura iniziò a utilizzare i furgoni. Tuttavia, un mezzo in particolare ha causato allucinazioni, paura e confusione: la metropolitana

 

 

 

Un'ampia offerta di divertimenti

Nuove forme di intrattenimento sono in nome del progresso e il cinema è riuscito in particolare ad attirare l'immaginazione delle persone contemporanee. Nel 1895, i fratelli Lumière ne approfittarono e iniziarono a far pagare i biglietti d'ingresso per le proiezioni dei grandi caffè. Tuttavia, l'emozione iniziale è scomparsa rapidamente: dopo che le persone si sono abituate alle immagini in movimento, erano stanche di vedere sempre gli stessi cortometraggi e film normali. Persone come Georges Méliès vogliono usarlo per raccontare storie: è così che sono nati i film che conosciamo oggi. Per alcune persone, la possibilità di ottenere enormi profitti è molto più ovvia di altre, tra cui Léon Gaumont (Léon Gaumont), che aprì al pubblico un grande teatro nel 1911, con circa 5.000 posti, per un prezzo ragionevole, e trasformò il settimo l'arte in un luogo di svago per tutti. La febbre automobilistica - al Salone delle Tuileries e per le strade fuori città - è paragonabile solo alla febbre della bicicletta. Nello stesso anno del primo Tour de France nel 1903, fu inaugurato il Winter Circuit, che ospitava uno sport che aveva già molti sostenitori. Anche le partite di tennis e di calcio riempiono lo stadio.

Se molti parigini usano il loro tempo libero per uscire da questa città, sempre più stranieri visiteranno questa città. L'Esposizione Universale divenne una delle principali attrazioni di Parigi: nel 1889 parteciparono 23 milioni di persone e la Torre Eiffel fu aperta al pubblico; nel 1900, 48 milioni di persone parteciparono alla mostra, oltre all'ampliamento delle stazioni alberghiere come Leeds e treni. Parigi ha ampliato la sua reputazione come destinazione turistica.

 

 

 

 

Tolleranza limitata

Le persone omosessuali approfittarono della maggiore libertà che offriva la Belle Époque. Le vaste zone verdi e i numerosi locali notturni divennero luoghi di corteggiamento, e le autorità potevano ben poco contro quella che la società considerava un’aberrazione. Quando il proprietario di un caffè su rue Monge, in pieno centro, denunciò alla polizia che i suoi clienti avevano trasformato il locale in un ritrovo di omosessuali, la polizia rispose che, se aveva i documenti in regola, non avrebbe potuto fare niente per chiuderlo. Ma in pubblico la società si dimostrò ben poco tollerante. Nel 1907 le attrici Sidonie-Gabrielle Colette, in arte Colette, e Mathilde de Morny scandalizzarono a tal punto gli spettatori del Moulin Rouge con una scena lesbica che la polizia dovette intervenire per placare gli animi. L’opera Sogno d’Egitto fu messa al bando, e le donne, che erano amanti, non poterono più vivere assieme

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Illuminazione pubblica ed elettricità

Alla fine del 1800, dopo l’ambizioso progetto di ristrutturazione di Georges-Eugene Haussmann, che aggiornò l’infrastruttura della città (precedentemente medievale, oscura e malsana) e grazie all’uso delle lampade a gas, nel 1870, a Parigi si potevano contare migliaia di lampioni. Poste tra gli alberi e accanto alle panchine dei boulevards, queste lampade divennero rapidamente delle icone della città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parigi entrò in un periodo di rapida modernizzazione e urbanizzazione, caratterizzato da un senso di prosperità e ottimismo nella popolazione, portato anche dall’avvento di una delle principali innovazioni del periodo, l’invenzione della lampadina elettrica. La luce elettrica iniziò a essere installata in tutta Parigi alla fine del 1870. 

Nel 1881, a Parigi fu organizzata l’Esposizione internazionale dell’elettricità” (Exposition Internationale de l’Electricité). Durante quei giorni la città divenne la capitale mondiale dell’elettricità. Il pubblico ammirò la dinamo di Zénobe Gramme , la luce a incandescenza , il Théâtrophone , il tram elettrico di Werner von Siemens , il telefono di Alexander Graham Bell , una rete di distribuzione elettrica di Marcel Deprez e una barca elettrica di Gustave Trouvé . Nell'ambito della mostra, il primo Congresso Internazionale degli Elettricisti, che si riunì nelle sale del Palais du Trocadero , presentò numerosi articoli scientifici e tecnici, comprese le definizioni delle unità di misura volt, ohm e ampere e il Sistema Internazionale di Elettricità e Unità magnetiche. 

 

L’effettivo passaggio alla luce elettrica impiegò però ancora molto tempo prima di essere concluso. Le ultime lampade a gas, delle decine di migliaia che illuminavano la città, furono dismesse non prima del 1962.

La diffusione mondiale dell’energia elettrica ha permesso un grandissimo salto in avanti della società. Ma come si è arrivati a questo sistema così efficiente di trasporto dell’energia elettrica? 

Alessandro Volta e la differenza di potenziale 

Nel 1800, lo scienziato italiano Alessandro Volta, da anni studioso degli allora misteriosi fenomeni dell’elettromagnetismo, riuscì a costruire una prima, rudimentale ma efficace, pila elettrica. Volta si convinse che gli elettroni, la cui origine atomica era da tempo nota, erano soliti muoversi come se attirati da una carica a loro eguale e contraria. Volta intuì che esiste un preciso rapporto tra velocità con la quale gli elettroni si muovono e il potenziale di due capi conduttori, e chiamò per primo questo valore ‘tensione elettrica’.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La differenza di potenziale, chiamata anche tensione elettrica o “voltaggio” è il lavoro necessario per trasportare un elettrone da un punto di partenza A (a maggiore energia) a un punto di arrivo B (a minore energia).

 

Mettendo in comunicazione elettrica due zone ad energie elettroniche differenti tramite un apposito elemento conduttore, si forma un circuito, e gli elettroni sono naturalmente portati a percorrerlo in un’unica direzione (polarità).

Più la differenza di potenziale energetico tra le due zone è grande, e più gli elettroni percorrono il conduttore velocemente: la tensione quindi, sale.

Nel Sistema Internazionale, la misura della differenza di potenziale elettrico è il volt (simbolo V), in onore del grande scienziato italiano che per primo costruì una fonte di differenza di potenziale costante, la pila elettrica. 

 

Faraday e l'induzione elettromagnetica

Nel 1831, il giovane scienziato britannico Michael Faraday, da anni studioso dei fenomeni dell’elettromagnetismo, scoprì che un conduttore che ruota parallelamente all’interno di un campo magnetico genera un flusso elettronico costante, che può essere usato per compiere lavoro. Era stata appena scoperta l’induzione elettromagnetica, che dimostrava indiscutibilmente che campi elettrici e campi magnetici sono fenomeni strettamente correlati che interagiscono tra loro (elettromagnetismo). 

Faraday non riuscì però a tradurre matematicamente, sotto forma di equazione, le sue scoperte. Ci penserà qualche decennio dopo un suo connazionale, James Clerk Maxwell, a elaborare quattro equazioni fondamentali, che spiegano con esattezza i fenomeni dell’elettromagnetismo.

 

 

 

 

 

Nel 1860, lo scienziato italiano Antonio Pacinotti assemblò il primo prototipo funzionante di una macchina che, sfruttando l’energia meccanica, poteva convertirla in un flusso stabile di elettroni grazie all’induzione elettrica: la dinamo.

 

Quasi immediatamente, Pacinotti si rese conto che la sua dinamo era reversibile: fornendo energia elettrica (da una batteria al piombo-acido) alla manovella che alimentava la macchina, essa si metteva a girare in senso inverso. Pacinotti capì quindi che era possibile sfruttare l’induzione elettromagnetica non solo per produrre energia elettrica, ma anche per compiere lavoro meccanico: era stato costruito il primo motore elettrico della storia.

 

Nikola Tesla e la corrente alternata

Nel 1887, lo scienziato serbo naturalizzato statunitense Nikola Tesla riuscì a costruire il primo prototipo di motore ad induzione funzionante grazie ad un particolare tipo di corrente elettrica, in cui gli elettroni cambiano direzione di scorrimento (polarità) secondo alternanze ricorrenti.

 

Lavorando per l’azienda di Thomas Alva Edison, Tesla si accorse che gli alternatori dell’epoca, ossia i generatori che ruotano producendo energia elettrica, al contrario della dinamo emettevano spontaneamente un flusso elettrico che cambiava più volte di polarità in un certo intervallo di tempo.

Il problema principale dell’epoca era quello di riuscire a trovare un modo efficiente ed economicamente conveniente per portare il flusso elettronico dalle centrali elettriche sino alle industrie e alle utenze domestiche.

All’epoca la corrente elettrica era distribuita in modalità continua, ma questa modalità a grandi distanze produceva molto calore nel cavo conduttore, subendo quindi il fenomeno della dissipazione. Per ovviare a ciò, era necessario aumentare l’intensità della corrente, aumentando quindi di moltissimo i costi e gli sprechi energetici.

La corrente alternata invece, può essere distribuita su grandi distanze ad altissime tensioni (fino a 380 kV) senza subire significative perdite energetiche.

Poiché questa altissima tensione è mortale per qualsiasi essere è però necessario ridurre il voltaggio prima della sua distribuzione nelle case o nelle fabbriche, per mezzo di un trasformatore.

Tesla propose al suo capo Edison, fondatore della General Electric, di adottare tale sistema di distribuzione in corrente alternata per risolvere il problema della trasmissione sulla lunga distanza, ma l’inventore americano padre della lampadina ad incandescenza si rifiutò categoricamente di rivedere la propria convinzione sulla bontà della distribuzione in corrente continua. 

 

George Westinghouse e la "guerra delle correnti"

Tesla trovò un finanziatore nella figura di George Westinghouse, un imprenditore che inventò il primo sistema frenante sincronizzato per i treni dell’epoca e fondò la Westinghouse Electric, mettendosi subito in competizione con la General Electric di Edison: iniziò la così detta “guerra delle correnti.

Ad esempio, Edison fece costruire la prima sedia elettrica in corrente alternata, per dimostrare all’opinione pubblica la pericolosità di tale sistema di trasmissione, mentre Tesla dal canto suo si fece passare da un flusso di corrente alternata per dimostrare la non pericolosità della sua idea.

Nel 1889 Westinghouse fece costruire il primo impianto idroelettrico a corrente alternata al mondo, nell’Oregon, installando un elettrodotto lungo ben 20 km, con una tensione di distribuzione di 400 volt, ridotti poi per l’uso commerciale a 100 volt. Questo primo impianto si rivelò un grande successo commerciale: le perdite di potenza erano trascurabili, ed il sistema di distribuzione era stabile. I grandi vantaggi della distribuzione in alta tensione a corrente alternata, alfine, vinsero la ‘guerra delle correnti’, decretando il successo commerciale dell’idea di Nikola Tesla.

 

 

La distribuzione della corrente elettrica oggi

La distribuzione sul modello ideato dalla Westinghouse Electric è, con poche modifiche, ancora quella che è praticata in tutte le parti del mondo.

La corrente elettrica viene prodotta nelle centrali elettriche, che convertono vari tipi di energia (nucleare, termica, idraulica, eolica, solare, ecc.) in un moto costante di giganteschi alternatori, che girano attorno a un elemento conduttore capace di generare una forza elettromotrice.

Gli alternatori producono spontaneamente un flusso elettronico alternato nella polarità, che viene opportunamente unito ad altri due flussi di eguale tensione, formando il sistema “trifase”. L’energia elettrica viene inviata, in altissima tensione e tramite elettrodotti, fino alla relativa centrale di distribuzione, dove arriva praticamente intatta, con minime dispersioni termiche.

 

Alle centrali di distribuzione la corrente elettrica viene diminuita di tensione grazie a grandi trasformatori, che la portano su misure sicure per l’utilizzo. La distribuzione della corrente elettrica avviene quindi tramite cavi sotterranei e centraline di smistamento, fino alle utenze finali.

I Boulevard

I boulevard costituiscono una parte importante dell'identità urbana e sociale di Parigi. Essi furono costruiti su iniziativa del potere centrale al posto delle fortificazioni concentriche successive della città via via che queste diventavano obsolete. Il nome boulevard proviene dall'olandese bolwerc, definente i bastioni più i relativi terrapieni. 

I boulevard sono associati ad un certo spirito di bighellonaggio e di leggerezza. Questa vocazione al divertimento si manifesta nel XVIII secolo con l'apertura di numerosi teatri attorno al teatro della Porta Saint-Martin. Lo spirito boulevardier si sviluppa nei "teatri di boulevard", che rappresentano pièce leggere e divertenti, lontano dall'accademia dei teatri ufficiali.

Il boulevard du Temple ricevette così il nome di boulevard du Crime all'epoca della Restaurazione, allusione agli innumerevoli misfatti commessi non nella strada, ma sulle scene teatrali. È anche sui Grands Boulevards che avrà luogo la prima rappresentazione pubblica del cinematografo.

Sulla riva destra Parigi ha tre serie di boulevard:

 

  • i Grand boulevards

  • i boulevards costruiti al posto del muro dei fermiers généraux (senza un loro nome generico)

  • i boulevards des Maréchaux, costruiti dopo la distruzione della cinta di Thiers.

 

I Grands Boulevards costituiscono i boulevard parigini per eccellenza. Essi si trovano sulla riva destra al posto delle antiche fortificazioni di Carlo V e di Luigi XIII. I Grands Boulevards sono costituiti oggi esclusivamente dai boulevard: Beaumarchais, des Filles-du-Calvaire, du TempleSaint-Martin, Saint-Denis, de Bonne-Nouvelle, Poissonnière, Montmartre, des Italiens, des Capucines, de la Madeleine.

Nel XIX secolo i Grands Boulevards divennero luogo d'incontri del Carnevale di Parigi, allora molto grande. Essi si videro invadere dalla folla carnevalizia al punto che, verso il 1900, i tre giorni-grassi con martedì grasso ed il giovedì grasso di mezza Quaresima si dovette deviare la circolazione dei veicoli e sospendere il passaggio del celebre omnibus Madeleine-Bastille. Durante le loro sfilate in Parigi, i cortei del Bue Grasso e della regina di Metà Quaresima, dovevano passare di là. Sui Grands Boulevards avevano luogo gigantesche battaglie di confetti, venduti al vaso o al chilo, dal 1892 fino al 1914. All'inizio degli anni 1890, al momento della "festa delle stelle filanti", le stelle filanti rendevano gli alberi dei Grands Boulevards « tout chevelus et multicolores (tutti capelluti e multicolori) ».

Negli anni 1920 la demolizione della cinta di Thiers permise di creare una terza cintura di boulevard, che faceva il giro completo di Parigi. Queste nuove vie furono chiamate con i nomi dei marescialli del Primo impero. Essi costituirono la "frontiera" di Parigi fino ai tempi del "Périférique", ma i parigini non annoverarono mai i boulevards des Maréchaux fra i Grands Boulevards.

Vi sono inoltre i boulevards haussmanniens che costituiscono un tipo particolare di boulevard per quanto ne riguarda l'origine. Essi formano ampi tagli nel tessuto parigino e non l'utilizzo di spazi liberi lasciati da un'antica cinta muraria. Essi sono imparentati agli altri boulevard per le loro caratteristiche geografiche (arterie concentriche), sociali e culturali; ad esempio i boulevard Saint-Germain e boulevard Haussmann.

I grandi lavori del Secondo Impero imposero i boulevard nel cuore stesso di Parigi, quando non si costruì fino in zone poco o punto abitate. I boulevard, che non servivano prima che a circondare la capitale, divennero l'asse strutturale della circolazione.

Fu sul piano architetturale che il periodo "hausmanniano", negli antichi boulevard come in quelli moderni, contribuì all'immagine di Parigi: gli allineamenti dei fabbricati controllati dai regolamenti urbanistici della capitale, con i loro balconi filanti lungo tutto un isolato, hanno fatto del boulevard parigino un asse immediatamente riconoscibile.

Calcolo integrali per la Tour Eiffel

Nel 2004 i ricercatori statunitensi Patrick Weidman e Iosif Pinelis, hanno svelato il segreto dell'incredibile opera architettonica dell'ingegnere francese Gustave Eiffel (1832-1923), trovando un'equazione dalla quale si evidenzia la sagoma della Tour Eiffel. Partendo dagli studi dell'ingegnere Gustave Eiffel sul profilo della torre, soprattutto legati al fattore vento, cioè al caricamento del vento sulla torre, i due ricercatori hanno determinato una nuova equazione che corrisponde strettamente alla forma della metà superiore della torre.

Consultando il documento di 26 pagine stilato da Eiffel, i cui dati ne garantivano la stabilità evitandone il crollo nonostante la sua altezza rilevante, e che analizzava soprattutto l'effetto del caricamento del vento sulla torre, l'ingegner Patrick Weidman  ha trovato un'equazione (di cui parlerò), sotto forma di una funzione esponenziale, rielaborata poi insieme a Iosif Pinelis, un esperto in analisi matematica, che ha offerto il suo aiuto per comprendere le caratteristiche sottostanti, arrivando così a determinare la definitiva equazione integrale.

Lo studio dei due ricercatori statunitensi, dal titolo "Model Equations for the Eiffel Tower: Historical Perspective and a New Equation", pubblicato nel numero di luglio 2004 della rivista dell' Accademia francese delle Scienze, "Comptes Rendus Mecanique", ha spiegato quindi dettagliatamente la relazione tra il fattore del vento (che la fa oscillare fino a 12 cm.) e la larghezza della sezione di base.

Una relazione molto estesa dovuta soprattutto al fatto di dover mettere a confronto il loro studio con quello di Eiffel che, non essendo completamente sicuro dei suoi calcoli, a quei tempi esclusivamente cartacei, preferì costruire la torre esagerando le misure della base in modo da avere la certezza che il vento non avrebbe destato problemi di oscillazioni preoccupanti o di crolli della struttura.

La forma della Torre Eiffel è infatti aerodinamica, pensata espressamente per resistere al vento, come ribadì lo stesso Gustave Eiffel rispondendo alle critiche mosse contro il suo progetto costituito si da 7.300 tonnellate di ferro, ma assemblate in una costruzione reticolare, ossia circa diciottomila pezzi metallici costituiti non da travi massicce ma da barre scanalate, quindi più leggere e aerodinamiche. Siamo a Parigi nel 1889 dove si svolse la più importante esposizione universale ottocentesca in occasione del centenario della Rivoluzione francesce.

La zona indicata ad ospitare la manifestazione fu scelta presso il Campo di Marte, una vasta area militare vicino alla Senna.

Qui, tra le tante costruzioni destinate a contenere i prodotti più moderni dell'industria, una in particolare stupì profondamente gli spettatori: la Torre Eiffel, all'epoca il più alto edificio del mondo.

Fu edificata dall'ingegnere francese Gustave Eiffel (1832-1923) per dimostrare a tutti quali straordinarie possibilità costruttive offrisse la tecnologia moderna.

Alta 300 metri e costruita unicamente con elementi metallici prefabbricati fu pensata per resistere alla forte pressione del vento.

Alla sua base quattro enormi pilastri raccolgono e distribuiscono il suo peso colossale per poi assottigliarsi progressivamente fino a formare un altissimo traliccio di ferro.

 

Le 26 pagine consultate da Weidman con l'aiuto della traduttrice professionista Claudette Roland, cioè i modelli di calcolo dell'ingegnere Gustave Eiffel, si sono rivelati esatti e hanno dimostrato in che modo la struttura, nonostante sia alta 300 metri, sia in grado di sopportare un vento che soffi oltre 200 Km/h (238 Km/h una velocità mai raggiunta nella città di Parigi).

Struttura che, da una base quadrata di 125 metri di lato da cui, vede innalzarsi quattro pilastri che confluiscono in un'unica colonna, via via più sottile e concava al crescere dell'altezza.

L'ingegnere ne studiò la sagoma, sezione dopo sezione, calcolando per ciascuna il peso che la struttura doveva reggere.

Se si schematizza l’edificio come un corpo rigido omogeneo di densità ρ avente sezioni orizzontali quadrate e trascurando la presenza dell’aria, si verifica che la forza esercitata su una porzione dell’edificio dalla parte sovrastante coincide con il peso di tale parte.

 

Data la densità del materiale ρ considerando A(h) l’area della sezione quadrata alla quota generica h, si può affermare che il volume infinitesimo di uno strato di altezza dh è A(h)dh, trattandosi infatti di un prodotto tra una sezione e un'altezza.

Sia A(x) l’area della sezione dell’edificio alla quota x, misurata dal terreno verso l’alto ed essendo g l’accelerazione di gravità, il peso della parte compresa tra x e l’altezza H della torre è:

 

e, considerato il peso massimo P che la struttura sottostante può reggere, vale la seguente equazione integrale

 

dove : 

 

P = pressione massima che può essere sopportata

ρ = densità del materiale (7800 Kg/m³)

g = accelerazione di gravità (9,81 m/s²)

A(x) = area della sezione quadrata alla quota generica x

H = altezza massima della torre

x = generica altezza considerata 

 

Per determinare la funzione incognita A(x) conviene trasformarla in un’equazione differenziale.

Derivando entrambi i membri dell’equazione precedente rispetto ad x si ottiene:

 

 

che può essere scritta nella seguente forma:

 

Si tratta di un’equazione differenziale a variabili separabili e si può quindi scrivere come:

 

Integrando entrambi i membri si ottiene:

 

dove C è una costante arbitraria, determinabile perché è nota l’area A(0) all’ altezza H.

Ricordando la definizione di logaritmo si ottiene:

 

Ottenuto il valore di A(x), si noti che l'equazione è un'equazione esponenziale.

A(x) indica come varia la sezione orizzontale al variare dell'altezza e permette di ricavare il profilo della struttura, che può essere descritto dalla funzione del semilato y della sezione al variare della quota, ovvero la funzione:

 

Come si vede anche dall'immagine (1) la pressione esercitata dal vento sulla struttura è un fattore fondamentale per l'equilibrio del sistema.

Lo studio dei due ricercatori statunitensi ha spiegato anche la relazione tra il fattore del vento e la larghezza della sezione di base che, come già ricordato, Eiffel surdimensionò per avere la certezza che il vento non avrebbe destato problemi di oscillazioni preoccupanti o di crolli della struttura.

Eppure la sagoma della torre Eiffel non è esattamente esponenziale anche se il suo profilo assomiglia a una curva esponenziale decrescente.

Questo proprio perché Eiffel non trascurò la presenza del vento.

La pressione che il vento esercita sulla torre è un fattore molto importante per

l’equilibrio del sistema. Infatti affinché la struttura sia in equilibrio è necessario che la pressione del vento sia controbilanciata dalla tensione tra gli elementi della costruzione.

Questo si traduce in una equazione integrale non lineare le cui soluzioni forniscono precisamente la sagoma della struttura.

Che rappresentata su un diagramma cartesiano appare così:

 

 

 

 

dove y(0) è il lato di base, pari alla radice quadrata di A(0). Come si vede, somiglia moltissimo al profilo della Torre Eiffel vista di lato.

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